venerdì 27 luglio 2012

Pubblicamente umiliat… laureati



Già da qualche giorno stavo rimuginando su quanto sia umiliante essere laureato. Mi spiego meglio: girovagavo in rete e mi sono soffermato a leggere il blog di Francesca Coin su Il Fatto online, scoprendo che, in passato, il consorzio Enfapi ha posto per le strade un manifesto che rappresentava il destino che, secondo qualche stratega della comunicazione, sarebbe dovuto spettare ad un giovane laureato e ad un giovane professionista sprovvisto di eguale titolo di studio. Il primo è chiaramente – per usare un termine tanto caro alla retorica politica di questo periodo – uno sfigato, il secondo invece trasuda una paccata – idem – di charme.


Precario, Laureato e Sfigato o affascinante?



L’Enfapi è finanziato dalla Regione Lombardia, la stessa regione che ha la sua parte politica, almeno per un numero cospicuo di esponenti, puntigliosamente annotata nei taccuini della magistratura e in cui era stato eletto Renzo Bossi, chiamato da suo padre la trota in luogo di delfino. Il giovanotto ricciuto, resosi famoso per la sua non brillantissima carriera scolastica – dobbiamo ai greci la definizione di eufemismo – e per alcune sfortunate apparizioni video  - nelle quali, rispettivamente, cerca di articolare il sostantivo pluralismo, inventa il verbo proséguere  e, ospite da Daria Bignardi, si mostra incapace di elencare tre valori  a cui ispirare la propria carriera politica - ha tentato in maniera moralmente fraudolenta – ovvero, attraverso il denaro e i contatti privilegiati di un partito chiaramente ispirato dalla lezione mafiosa – di conseguire la laurea in Albania. E qui ho avuto la seconda epifania: il laureato è sfigato ma – eccezione! – solo se non è in possesso delle giuste referenze – volevo dire raccomandazioni; in questo caso la laurea è semmai necessaria giustificazione del proprio approdo.

Lo devono aver saputo bene Luca Luciani, manager rinviato a giudizio per l’inchiesta sulle sim false Telecom e la turma di bocconiani che dirige attualmente il paese. Il primo, laureatosi all’università privata LUISS, ha raggiunto la fama per aver presentato Napoleone, una volta chiamato pure Napoletone, quale vincitore della battaglia di Waterloo, durante un discorso motivazionale tenuto ad agenti TIM, creando, in questo modo, un danno all’immagine aziendale – del quale ha dovuto scusarsi con tutti i dipendenti - e dubbi intorno ai requisiti con cui si selezionano i dirigenti in Telecom. Anzi, certezze: sicuramente tra i parametri analizzati dall’ufficio risorse umane sono escluse le nozioni storiche apprese alle elementari.

I secondi, presentatisi con la sicumera dei presuntuosi - nonostante la loro cultura istituzionalizzata sia stata acquistata alla Bocconi, altra università privata - stanno cambiando il paese accentuando le diseguaglianze economiche – invece che lenirle – e, di conseguenza, affossando i consumi e rendendo sempre meno credibile l’economia italiana agli occhi del mercato finanziario e degli investitori. E non voglio neppure addentrarmi nella questione degli esodati o dell’articolo 18.

Ma quelli che si son laureati all’università pubblica e che non godono di raccomandazioni fanno così schifo? Vista la situazione delle aziende e dello Stato non sarebbe l’ora di farci un pensierino? Lo dico perché ormai i neo laureati presso atenei pubblici non accampano più alcuna pretesa contrattuale, sono umili e pronti all’umiliazione – dicasi call center – quindi sarebbe un investimento a basso costo. Senza contare che non sono degli appestati ma, anzi, delle risorse, dato che possono mettere le conoscenze acquisite con l’impegno – e non comprate coi soldi – a disposizione delle aziende e della cosa pubblica.

Francesco C.

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