Già da qualche giorno stavo rimuginando su quanto sia
umiliante essere laureato. Mi spiego meglio: girovagavo in rete e mi sono
soffermato a leggere il blog di Francesca Coin su Il Fatto online, scoprendo che,
in passato, il consorzio Enfapi ha posto per le strade un manifesto che rappresentava
il destino che, secondo qualche stratega della comunicazione, sarebbe dovuto
spettare ad un giovane laureato e ad un giovane professionista sprovvisto di
eguale titolo di studio. Il primo è chiaramente – per usare un termine tanto
caro alla retorica politica di questo periodo – uno sfigato, il secondo invece
trasuda una paccata – idem – di charme.
L’Enfapi è finanziato dalla Regione Lombardia, la stessa
regione che ha la sua parte politica, almeno per un numero cospicuo di
esponenti, puntigliosamente annotata nei taccuini della magistratura e in cui
era stato eletto Renzo Bossi, chiamato da suo padre la trota in luogo di
delfino. Il giovanotto ricciuto, resosi famoso per la sua non brillantissima
carriera scolastica – dobbiamo ai greci la definizione di eufemismo – e per
alcune sfortunate apparizioni video - nelle
quali, rispettivamente, cerca di articolare il sostantivo pluralismo, inventa
il verbo proséguere e, ospite da Daria
Bignardi, si mostra incapace di elencare tre valori a cui ispirare la propria
carriera politica - ha tentato in maniera moralmente fraudolenta – ovvero, attraverso
il denaro e i contatti privilegiati di un partito chiaramente ispirato dalla
lezione mafiosa – di conseguire la laurea in Albania. E qui ho avuto la seconda
epifania: il laureato è sfigato ma – eccezione! – solo se non è in possesso
delle giuste referenze – volevo dire raccomandazioni; in questo caso la laurea
è semmai necessaria giustificazione del proprio approdo.
Lo devono aver saputo bene Luca Luciani, manager rinviato a
giudizio per l’inchiesta sulle sim false Telecom e la turma di bocconiani che
dirige attualmente il paese. Il primo, laureatosi all’università privata LUISS,
ha raggiunto la fama per aver presentato Napoleone, una volta chiamato pure
Napoletone, quale vincitore della battaglia di Waterloo, durante un discorso motivazionale tenuto ad agenti TIM, creando, in questo modo, un danno
all’immagine aziendale – del quale ha dovuto scusarsi con tutti i dipendenti -
e dubbi intorno ai requisiti con cui si selezionano i dirigenti in Telecom. Anzi,
certezze: sicuramente tra i parametri analizzati dall’ufficio risorse umane
sono escluse le nozioni storiche apprese alle elementari.
I secondi, presentatisi con la sicumera dei presuntuosi -
nonostante la loro cultura istituzionalizzata sia stata acquistata alla
Bocconi, altra università privata - stanno cambiando il paese accentuando le
diseguaglianze economiche – invece che lenirle – e, di conseguenza, affossando
i consumi e rendendo sempre meno credibile l’economia italiana agli occhi del
mercato finanziario e degli investitori. E non voglio neppure addentrarmi nella
questione degli esodati o dell’articolo 18.
Ma quelli che si son laureati all’università pubblica e che
non godono di raccomandazioni fanno così schifo? Vista la situazione delle
aziende e dello Stato non sarebbe l’ora di farci un pensierino? Lo dico perché
ormai i neo laureati presso atenei pubblici non accampano più alcuna pretesa contrattuale,
sono umili e pronti all’umiliazione – dicasi call center – quindi sarebbe un
investimento a basso costo. Senza contare che non sono degli appestati ma, anzi,
delle risorse, dato che possono mettere le conoscenze acquisite con l’impegno – e
non comprate coi soldi – a disposizione delle aziende e della cosa pubblica.
Francesco C.
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