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martedì 18 dicembre 2012

Coordinamento Precari Unipi - L'UE bacchetta l'Italia per l'abuso dei contratti precari


La Commissione Europea ha avviato una procedura di infrazione nei confronti dell’Italia contro l’abuso dei contratti a tempo determinato. Tale procedura si è resa necessaria a seguito delle numerosissime vertenze avviate in tutta Italia anche dalla FLC CGIL contro la reiterazione dei contratti a tempo determinato, fattispecie questa, che si presenta in modo frequentissimo nei comparti della conoscenza in specie tra il personale della scuola dove docenti e personale Ata vengono assunti ad ogni inizio anno e licenziati al termine delle lezioni.

Continua a leggere sul sito del Flc Cgil:  http://www.flcgil.it/attualita/estero/precari-la-ue-avvia-una-procedura-di-infrazione-contro-l-italia.flc

lunedì 19 novembre 2012

Il manuale del giovane precario – Cercare lavoro on-line


Nonostante la mia riluttanza, per adempiere a tutti i miei doveri di lavoratore precario, ho tirato a lucido il mio curriculum vitae e ho finalmente fatto il salto nel promettente mondo dei portali e dei siti per la ricerca di lavoro on-line. Perché promettente? Giudicate voi dalle prime righe pubblicate dai vari siti nella sezione “chi siamo”:

Miojob, il network dedicato al lavoro del quotidiano La Repubblica, dice di sé:  


<<Miojob è il punto d'incontro fra chi cerca lavoro o vuole cambiarlo e le imprese alla ricerca dei migliori talenti.>>

Borsa Lavoro, un servizio della Regione Toscana, offerta:  


<<La Borsa Lavoro contribuisce ad un più rapido incontro tra fabbisogni, servizi e soluzioni contrattuali, aperto a una pluralità di operatori pubblici e privati autorizzati e accreditati. Far parte del sistema della Borsa è il modo migliore di rendere visibile la propria offerta o domanda di lavoro su tutto il territorio nazionale e nella comunità europea.>>

monster.it invece si sponsorizza così:  


<<Monster.it, leader nella ricerca e offerta di lavoro on line, rappresenta un punto di incontro efficace tra candidati e Responsabili delle Risorse Umane, con prodotti e servizi che offrono una vasta gamma di opportunità e soluzioni personalizzabili.>>

Valorizzando la propria attività con la testimonianza di un forse fantomatico candidato di nome Pietro:


<<Ho usato Monster per la prima volta quattro anni fa appena dopo la laurea e da allora è sempre stato il mio punto di riferimento per la ricerca di nuove opportunità. Proprio su Monster ho trovato il mio attuale lavoro.>>

Cliclavoro, il Portale del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, dall’alto della sua investitura istituzionale dice:  


<< Il Portale si configura come il luogo di incontro virtuale dove gli attori del sistema possono interagire, dialogare e informarsi su tutto ciò che accade in materia di lavoro. Un vero e proprio network per il lavoro dove gli utenti accedono a un circuito di informazioni e servizi per il lavoro erogati sul territorio nazionale, volti ad amplificare le opportunità di lavoro e di ricerca di personale, nell’ottica di facilitare l'intermediazione tra domanda e offerta e semplificare gli adempimenti burocratici e legislativi.>>

trovolavoro.it del Corriere della sera: 


<< Candidati e Responsabili delle Risorse Umane delle Aziende. Nelle pagine del sito è possibile trovare migliaia di offerte di lavoro aggiornate in tempo reale, ricercabili per area geografica, categoria professionale, settore o parola chiave.>>

www.infojobs.it sforna una serie di termini anglosassoni per ribadire la propria posizione di leader


<< InfoJobs è la società di recruitment online leader in Italia e in Europa per traffico Internet, numero di offerte e curricula disponibili in database.
InfoJobs.it è leader di mercato tra i siti specializzati nella ricerca di lavoro. La solidità dell'azienda si basa sull'esperienza consolidata e sul know how maturato nel corso degli anni nel settore del recruitment online.>>

Emerge più che palesemente come tutti i siti evidenzino la loro caratteristica principale di punti di incontro rapidi ed efficienti tra l’offerta e la richiesta di lavoro, capaci di offrire opportunità e soluzioni personalizzabili in base alla propria formazione e alla propria esperienza.

Tutti i siti offrono più o meno gli stessi servizi: è possibile inserire il proprio curriculum vitae e renderlo ricercabile dalle aziende; selezionare e gestire le offerte di lavoro che ci interessano, interagendo in maniera diretta e autonoma con le aziende. In alcuni portali, una volta registrati e aver avuto accesso con il proprio account, è possibile  visualizzare un grafico in cui è indicata la percentuale di completezza dei dati inseriti, così  da valutare l’efficienza e l’appetibilità del proprio profilo.

Come richiesto, ho creato un account su tutti i siti che ho elencato, ho inserito tutti i dati richiesti e una copia del mio curriculum vitae in formato pdf, ho accettato tutte le dichiarazioni sull’utilizzo dei miei dati per lo scopo previsto dal servizio e ho iniziato a candidarmi alle offerte di lavoro e alle aziende che ho ritenuto attinenti al mio profilo professionale.

Dato alcuni siti danno la possibilità di attivare un agente di ricerca automatico che ti invia un’email con le offerte in linea con il tuo profilo, decido di usufruire anche di questo servizio e, dai primi risultati, mi sembra che tutte le premesse di rapidità, efficienza ed efficacia di cui andavano vantarsi tutti i network di ricerca di lavoro on-line non siano proprio state mantenute.

Ecco alcune delle offerte che ricevono:- ADDETTO ALLA RIFINIZIONE CALZATURE- OPERAIO ADDETTO ALLA MANOVIA- ADDETTO ALLA TRANCIA- ADDETTO ALLA LOGISTICA INTERNAZIONALE- ADDETTO ALLA RIFINUTIRA PELLETTERIA- ADDETTO ALLA CONTABILITA’-OPERATORE FRESA MANUALE

Quello che mi fa innervosire non è che tali offerte di lavoro non corrispondano affatto al mio profilo professionale ma, considerato che non mi farei certamente troppi problemi ad iniziare un nuovo lavoro, quello che mi fa arrabbiare è che tutte le offerte richiedono esplicitamente un’esperienza triennale del settore di svolgimento dell’attività lavorativa, un’esperienza che, come si evince dalla miriade di profili che ho compilato e dai curriculum vitae che ho allegato, non ho.

Quindi mi chiedo se veramente questi siti possano essere una soluzione vincente alla ricerca di un lavoro. Certamente aiutano a tenersi occupati: per crearmi tutti gli account mi ci è voluta una settimana!
Penso che forse sia passato ancora troppo poco tempo dalla pubblicazione dei miei profili professionali e che forse devo aspettare ancora un po’ ed attivarmi con maggior impegno. Nell’attesa, però, ho bisogno di fare un appello: se qualcuno dei lettori di PrecariaMente ha lavorato, anche solo un giorno, grazie ad un portale o ad un sito di reclutamento on-line, può inviare la propria testimonianza così da sciogliere il mio scetticismo?

Grazie per la collaborazione!






lunedì 22 ottobre 2012

Ddl Stabilità - una conquista molto precaria


Siamo stati storditi con gli effetti speciali emessi dalla retorica del sapere del nuovo governo tecnico ed inebriati dai claims equità, liberalizzazioni e patrimoniale – quest’ultima proposta persino da Confindustria – siamo stati dapprima riportati alla realtà con la riforma pensionistica – gli esodati ancora ringraziano – e l’Imu; infine, la realtà è diventata un po’ più grigia a causa della riforma del lavoro targata Fornero - che se da una parte limiterà gli abusi riguardo ai contratti a progetto e alle partita Iva, dall’altro non incentiva in alcun modo le imprese ad assumere e, ancor peggio, permette di liberarsi dei subordinati antipatici, liquidandoli con al massimo ventiquattro mensilità.

Eppure, niente ci apparirà tanto desolato come al momento in cui il famigerato e sinistro ddl stabilità vedrà la luce. Il ministro Grilli dovrà prima o poi ammetterlo che si sta divertendo un sacco perché altrimenti desterebbe dubbi, circa le sue competenze, il testardo tentativo di far apparire un bastone dalle proporzioni gargantuesche una carota. E’ vero, i due scaglioni più bassi (entro i 15000 € la nuova aliquota stabilita è del 22% ed entro 28000 € quella del 26%) avranno un taglio dell’Irpef che si concretizzerà – udite, udite – in, al massimo, 280 € annue per il reddito di 28000 €. E’ probabile che gli italiani non abbiano tasche sufficientemente capienti! 

A fronte di questo risparmio quasi irrisorio, si prospetta un aumento di un punto percentuale dell’IVA e, conseguentemente, un probabile rincaro dei consumi che inciderà sui risparmi non solo delle due fasce di reddito agevolate dalla riforma ma anche delle altre. Democraticamente. Se non bastasse, ecco le orride franchigie sulle detrazioni e sulle deduzioni per le spese previste dagli articoli 10 e 15 del Tuir, a parte talune eccezioni come le spese per servizi di interpretariato dai soggetti riconosciuti sordomuti o le erogazioni liberali per il sostentamento del clero e della Chiesa cattolica, giacché si rischia che il Vaticano con tutto l’Imu che (non) pagherà si ritrovi in braghe di tela.
Dunque, per portare esempi concreti, si potrà cominciare a detrarre dalle imposizioni trattenute, Irpef e Addizionali, il 19% delle spese mediche sostenute durante l’anno solo a partire da un centesimo oltre le 250 €, come ugualmente avverrà per gli interessi passivi sui mutui per l’acquisto della prima casa o ancora per le assicurazioni vita, le spese per l’istruzione dei figli e sportive. Inoltre, è stato posto un tetto massimo di 3000 € - da cui sono esclusi i redditi inferiori ed eguali a 15000 € (ma tanto sono per la stragrande maggioranza incapienti e quindi non saranno avvantaggiati in nessuna maniera) – sulle spese detraibili che condurrà ad un saldo massimo di 570 €.


Se questo governo vuole combattere l'evasione, direi che ha sbagliato totalmente la strategia da adottare. 




giovedì 11 ottobre 2012

Il manuale del giovane precario - L’indennità di disoccupazione ordinaria



Alla conclusione dell’ennesimo contratto a termine, il primo passo che il giovane, o anche meno giovane, precario deve fare è, ovviamente, quello di chiedere la disoccupazione: nel mio caso, impiegata amministrativa in un ente pubblico per un periodo superiore a sei mesi, si tratta di indennità ordinaria di disoccupazione.
La domanda deve essere presentata, entro 68 giorni dalla data di cessazione del rapporto, direttamente all’Inps competente a seconda del luogo in cui si risiede oppure on-line attraverso il sito dell’Inps.

A CHI SPETTA. L’indennità di disoccupazione spetta a tutti i lavoratori subordinati, senza distinzione di qualifica, compresi i lavoratori a domicili e gli stranieri extracomunitari
Il lavoratore per avere il diritto all’indennità deve essere in possesso dei seguenti requisiti:
- almeno 52 settimane di contribuzione nei due anni che precedono la data di cessazione del rapporto di lavoro;
- almeno 2 anni di assicurazione per la disoccupazione involontaria, vale a dire almeno un contributo settimanale versato prima del bienni precedente la domanda;
- dichiarazione, effettuata presso il Centro per l’Impiego competente, di disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa.
QUANTO SPETTA. Per l’indennità di disoccupazione ordinaria spetta:
- per i primi 6 mesi, il 60% dello stipendio percepito nei tre mesi precedenti la fine del rapporto di lavoro;
- per il settimo mese, il 50% dello stipendio percepito nei tre mesi precedenti la fine del rapporto di lavoro;
- per i mesi successivi, il 40% dello stipendio percepito nei tre mesi precedenti la fine del rapporto di lavoro.
PER QUANTO TEMPO. Dal 1° gennaio 2008, l’indennità di disoccupazione viene corrisposta per un periodo di 8 mesi.


La prima cosa da fare è iscriversi al Centro per l’Impiego della vostra città. Iscriversi è molto semplice: è sufficiente recarsi agli uffici competenti con un documento d’identità. Qualcuno mi ha detto che ha dovuto portare anche una copia del contratto di lavoro: a me non è servito, l’addetto del Centro per l’Impiego a consultato il data-base delle Comunicazioni Obbligatorie ed ha potuto verificare tutti i mie dati. E’, comunque, meglio essere previdenti e portare con sé anche una copia del contratto.
Al Centro per l’Impiego, oltre ad una copia della dichiarazione dello stato di disoccupazione, vi prenoteranno anche un appuntamento per un colloquio di orientamento, che solitamente è due mesi dopo l’iscrizione al Centro per l’Impiego. Sebbene nutra parecchi dubbi sull’utilità del colloquio per la ricerca di una nuova occupazione, il colloquio è fondamentale per continuare a percepire l’indennità di disoccupazione.

Dopo l’iscrizione al Centro per l’Impiego è possibile procedere alla richiesta dell’indennità di disoccupazione.
Io ho scelto la procedura on-line: è un sistema abbastanza veloce e, almeno per quanto mi riguarda, efficace.
Per la procedura on-line è necessario accedere al sito dell’Inps e chiedere il rilascio di un PIN. Nella form per il rilascio del PIN, sono richiesti una serie di recapiti personali (indirizzo di domicilio, numero di telefono, indirizzo e-mail, etc…) a cui verranno inviati i dati per attivarlo e per accedere al modulo per la richiesta d’indennità di disoccupazione.

Per la richiesta d’indennità di disoccupazione, è richiesta l’attivazione di un ulteriore PIN, detto “PIN DISPOSITIVO”, che garantisce maggiore sicurezza nella gestione dei vostri dati: tra i dati per la richiesta dell’indennità, vanno inserite anche le indicazioni per il pagamento e quindi anche il codice IBAN. Per chiedere il PIN DISPOSITIVO è sufficiente accedere al sito dell’Inps e cliccare sull’opzione “converti PIN”. Alla conclusione della procedura dovrete stampare e firmare un documento che potrete consegnare direttamente agli sportelli  dell’Inps, inviarlo via fax e spedirlo per e-mail in formato pdf. Io ho ricevuto un sms, al numero di cellulare che ho inserito nella domanda d’indennità di disoccupazione, in cui era indicato il numero di fax a cui inviare la richiesta di attivazione di PIN DISPOSITIVO, così ho scelto di spedire tutto via fax al recapito che mi era stato indicato.

Ho inviato tutta la documentazione che mi è stata richiesta nel messaggio sul cellulare ieri pomeriggio e stamani ho ricevuto una mail che mi informava che il mio PIN DISPOSITIVO è stata attivato.

Con l’attivazione del PIN DISPOSITVO ho concluso la procedura e, almeno secondo quanto indicato sul sito dell’Inps, devo attendere che la mia richiesta venga elaborata.

Ora non mi resta che attendere il pagamento! A quel punto, bevuta virtuale per tutti!

lunedì 1 ottobre 2012

Il manuale del giovane precario - Ops…sono disoccupata!


Ci siamo: dopo una settimana di ferie e due giornate di ore accantonate da recuperare, la data fatidica è arrivata. Oggi è il primo ottobre e sono disoccupata.

Nessuna sensazione particolare o preoccupante: battito regolare, frequenza respiratoria nella norma, nessuno sfogo cutaneo e gastrite sotto controllo. Non sono triste e, almeno per ora, non sono ancora particolarmente angosciata dal pensiero di essere senza un impiego. Direi piuttosto che sono un po’ spaesata: ho a disposizione del tempo da trascorrere facendo quello che mi piace, ma la mia totale incapacità di perdere tempo e la volontà di spenderlo nel miglior modo possibile, fanno si che mi ritrovi senza saper cosa fare. In questo momento la cosa che mi spaventa di più è il pensiero dell’inattività, il perder tempo, il non aver uno scopo.

Per fortuna, ascoltando una trasmissione di Radio Capital, mi viene incontro Elisa di www.monster.it, che mi risveglia dal mio intorpidimento con questa malefica frase “oggi cercarsi un lavoro è un lavoro e richiede una strategia”. Tralasciando il fatto che detesto le frasi di questo tipo e mettendo da parte la mia convinzione, che forse qualcuno potrebbe ritenere alquanto superba, secondo cui una laurea, un master e sei anni di lodevole servizio dovrebbero considerarsi un metodo alquanto plausibile per ottenere un lavoro da mille euro al mese, ho deciso quale sarà il mio obiettivo: elaborare una strategia per cercare, e magari trovare, un nuovo lavoro.

Ecco il piano d’azione: partendo proprio da Monster, passerò in rassegna tutti i motori di ricerca dedicati al lavoro; mi presenterò in tutte le agenzie interinali della mia provincia, al centro per l’impiego e all’Informagiovani. Senza remore e senza imbarazzo, presenterò la mia domanda di partecipazione a corsi professionali della Provincia di Pisa e dei vari enti locali e, spavalda e sicura di me, consegnerò il mio curriculum vitae alle aziende che non potranno più fare a meno delle mie competenze. E, questa volta con attenzione e consapevolezza del rischio, cercherò di capire come e a che condizioni sia possibile provare a realizzare un attività in proprio.

Chi di voi vuole venire come me? Mi raccomando, non perdetevi la prima puntata: come chiedere la disoccupazione.

lunedì 24 settembre 2012

Riforma Fornero: il congedo di paternità


Il comma 24 dell’articolo 4 della nuova riforma del mercato del lavoro, la Riforma Fornero, introduce il congedo di paternità, un diritto di cui i padri di altri Paesi europei civilizzati possono usufruire già da anni.
Sebbene il comma sopracitato si ponga l’importante e ambizioso obbiettivo di “sostenere la genitorialità, promuovendo una cultura di maggiore condivisione dei compiti di cura dei figli all’interno della coppia e per favorire la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro”, le misure di sostegno previste dalla legge risultano decisamente esigue e alquanto inefficaci, soprattutto se pensiamo alla cronica mancanza di normative per la tutela della maternità e al welfare familistico che caratterizzano il nostro Paese.

In pratica, la paternità obbligatoria prevista dalla Riforma Fornero consiste in un giorno di astensione obbligatoria, entro cinque mesi dalla nascita del figlio, e di ulteriori due giorni di astensione continuativi, goduti in sostituzione alla madre, a cui viene riconosciuta un’indennità giornaliera a carico dell’INPS pari al 100% della retribuzione. Inoltre, anche se la Riforma Fornero ha l’indubbio merito di introdurre per la prima volta il concetto di “paternità obbligatoria” nella legge italiana, resta inalterato il congedo parentale, che ha differenza di quello di paternità non si prende al momento della nascita, ma più avanti, e si condivide con la madre. Secondo quanto previsto dal congedo parentale, come si può leggere sul sito dell’Inps, il padre lavoratore dipendente, nei primi otto anni di vita del bambino, può astenersi dal lavoro per un periodo, continuativo o frazionato, non superiore a 7 mesi, ma ricevendo un’indennità pari al 30% della retribuzione: questa drastica riduzione del reddito ha come conseguenza che solo il 6,9% dei padri chieda, leggi “si possa permettere”, il congedo parentale.
Per non parlare di tutte quelle forme contrattuali, oggi tanto in auge sia nel pubblico che nel privato, che non prevedono nessun tipo di tutela a sostegno della cura dei figli.

Se guardiamo al resto d’Europa, l’inefficacia delle legge appare ancora più evidente: in Germania, per esempio, il padre può dividere con la madre fino a 12 mesi al 67% della retribuzione. In Norvegia i papà possono usufruire, non di un giorno, ma di ben 12 settimane di congedo retribuito al 100%, mentre il Danimarca, Francia e Gran Bretagna di due settimane obbligatorie. E non parliamo della Svezia dove in Parlamento si sta discutendo se i due mesi obbligatori di congedo di paternità, retribuiti all’80% dello stipendio, siano sufficienti e, pertanto, non sia il caso di portarli a tre.

Sento dire spesso che in Italia gli uomini non prendono il congedo di paternità per un fattore culturale, per il motivo, decisamente da mentalità anni Cinquanta, per cui la cura della famiglia, il care, sia un esclusiva della donna: in realtà, come fa notare Alessandro Volta, neonatologo dell’ospedale di Montecchio Emilia e autore del libro Mi è nato un papà. Anche i padri aspettano un figlio, in un’intervista a La Repubblica, la situazione è molto cambiata:

<< Lo osservo anche nel mio ospedale, dove sempre di più incontro papà extracomunitari e perlopiù maghrebini. Pur provenendo da società molto patriarcali, si stanno facendo contagiare dai padri italiani, forse anche perché qui non godono dell’aiuto della loro rete familiare femminile. (…) Quando chiedo agli uomini quando si siano sentiti padri per la prima volta, perlopiù indicano il primo momento in cui hanno preso tra le braccia loro figlio, non quando lo hanno visto o lo hanno sentito piangere>>.

Il problema non sono i papà: se esiste una componente culturale che disincentiva la scelta, per un lavoratore, di prendere un congedo per la nascita o l’accudimento di un figlio, le ragioni sono da ricercarsi nella mentalità maschilista che organizza e gestisce i rapporti di potere e lavoro della nostra società. In un paese in cui le madri fanno più fatica a trovare lavoro e in cui molte neo-mamme sono costrette a lasciare l’impiego per dedicarsi alla cura della famiglia, come è possibile che le aziende siano pronte ad affrontare la figura del padre-lavoratore? Non sarà che il fattore culturale non sia un comodo alibi per non affrontare l’applicazione di un diritto?

Citando ancora Volta, alla domanda “Quale consiglio darebbe alla politica?”, il neonatologo risponde:

<<Serve un congedo di paternità obbligatorio, al 100% dello stipendio per cinque giorni. E poi il primo anno di vita del bambino dovrebbe essere interamente coperto: 6 mesi di congedo per la madre, 6 per il padre, con quest’ultimo che mantiene i 2/3 del reddito. Certo, servono soldi. Ma basterebbe, come al solito, che tutti pagassero le tasse. Con i padri migliori, anche la società diventa migliore.>>


Locandina del film In viaggio con papà

mercoledì 12 settembre 2012

Mom-cession. Maternità, lavoro e precariato.


Bund, spread, btp, default, Standard & Poor’s, Moody, debito sovrano, titoli di stato, Troika, spending review. Come se la situazione di incertezza e precarietà in cui stiamo galleggiando non fosse sufficiente a rendere insicuri i nostri posti di lavoro e, di conseguenza, anche le nostre vite, siamo circondati da pedanti e altisonanti termini economici, oscuri acronimi insolvibili e nomi poco rassicuranti di severe agenzie di rating ammonitrici che - sebbene siano diventati il pane quotidiano di tg e quotidiani - ci aiutano ben poco a fare chiarezza e contribuiscono a rendere il periodo contemporaneo ancor più nebuloso di quello che già non è.

E proprio ora che ero riuscita a capire perché non va bene se sale lo spread e a comprendere l’importanza che un giudizio espresso da Standard & Poor’s può avere sull’andamento dei mercati, il mio “vocabolario della crisi” si arricchisce di una nuova voce: mom-cession. Il nuovo termine, che tradotto in italiano significa “recessione delle mamme”, nasce da uno studio presentato al 107esimo congresso di sociologia del Colorado in cui i due sociologi, Brian Serafini e Michelle Maroto, hanno evidenziato come una mamma abbia il 31% di possibilità in meno, dopo la perdita di un posto di lavoro, di trovare una nuova occupazione e come, a parità di condizioni, il nuovo stipendio di un papà superi mediamente di settemila euro l’anno quello di una mamma.
Mamme che si concentrano troppo sulla famiglia? Mamme che, in fondo, tengono meno alla carriera e a rimettersi in gioco piuttosto che dedicarsi alla cura del focolare? Uno studio del Families and Work Institute indica il contrario: con o senza figli, l’impegno nel lavoro e l’ambizione rimangono gli stessi. A questo punto, la domanda, seppur ovvia, nasce spontanea: non sarà che la recessione delle mamme è il risultato di una non certo nuova discriminazione da parte dei datori di lavoro? Proprio qualche giorno fa un’amica mi ha raccontato che, dopo aver sostenuto un brillante colloquio di lavoro, si è sentita dire di no perché madre di una bimba di tre anni e, come ci si può immaginare, chi ha un figlio è vincolata a degli orari e a degli obblighi familiari che non le permettono di essere totalmente disponibile. Ma che fine a fatto il cosiddetto concetto di “working balance”, il bilanciamento della vita professionale con le esigenze di quella privata?

Su vitadidonna.it leggo che, almeno secondo la ricercatrice dell’Università di Akron, Adrien French, le mamme che sono tornate al lavoro a tempo pieno, dopo aver avuto un bambino, hanno una forma fisica migliore, sono meno a rischio di cadere in depressione e manifestano una maggiore energia. Secondo la French “il lavoro migliora la salute fisica e mentale delle donne perché migliora l’autostima e permette di raggiungere degli obiettivi, di mantenere un controllo sulla propria vita e di sentirsi autonome”. Ovviamente, in termini di salute psico-fisica, le mamme occupate sono quelle che stanno meglio. Mentre il rischio di perdere il lavoro o essere costantemente alla ricerca di una nuova occupazione “ha effetti negativi sulla salute soprattutto mentale, ma anche fisica”. Non metto in dubbio la migliore salute mentale di chi ha un lavoro e non deve pensare come arrivare alla fine del mese, ma sul piano fisico non saprei: mai dubitare dell’allenamento di una rampante precaria che saltella dalla mattina alla sera da un colloquio ad un altro con una barretta energetica e due succhi di frutta nella borsa! Se aggiungiamo poi che non esistono ammortizzatori sociali che proteggono le mamme precarie rispetto alla discontinuità che caratterizza il loro percorso professionale, sfido chiunque a raggiungere livelli di resistenza fisica, agilità e concentrazione mentale di chi, lavoratrice atipica e madre, deve destreggiarsi fra contratti di lavoro senza orario, rate di asili nido da pagare e uno stipendio intermittente.

Non voglio di certo svilire la rispettabilità e l’attendibilità di uno studio sulla salute della donna ma mi chiedo se non sarebbe molto più importante, anche per il miglioramento della condizione psico-fisica femminile, dedicarsi alla realizzazione e alla messa in pratica di leggi e buone pratiche che supportino e tutelino la maternità e il lavoro femminile, senza che scegliere di avere un figlio rappresenti un ulteriore handicap alla già alta difficoltà di trovare e mantenere un lavoro.

Nell’attesa che il Ministro del Lavoro e delle Politiche Sociali, con delega alle Pari Opportunità, Elsa Fornero - che tanto tiene alla parità dei licenziamenti nel pubblico e nel privato - inizi a stabilire i presupposti per l’attuazione di misure concrete che garantiscano non solo equità, a vari livelli, nel mondo del lavoro, ma anche nella scelta di poter avere un figlio, vi propongo di dare un’occhiata al “Programma-obiettivo per l’incremento e laqualificazione della occupazione femminile, per la creazione, lo sviluppo e ilconsolidamento di imprese femminili, per la creazione di progetti integrati direte” per l’anno 2012.

Sara C.

Le mamme ed il precariato


venerdì 10 agosto 2012

Assicurazione Casalinghe

Secondo quanto previsto dalla legge n. 493 del 1999, per chi ha un età compresa tra i 18 e 65 anni e svolge attività di casalinga/o non occasionalmente,  si è obbligati ad attivare l’assicurazione contro gli infortuni domestici. E’ escluso chi svolge un’attività che comporti l’iscrizione a forme obbligatorie di previdenza sociale.

Per assicurarsi contro gli infortuni domestici è necessario pagare il premio di € 12,91 utilizzando un bollettino postale intestato ad I.N.A.I.L. ASSICURAZIONE INFORTUNI DOMESTICI P.LE G. PASTORE, 6 – 00144 ROMA  sul  C/C n. 30621049. Chi ha un reddito proprio inferiore ad € 4.648,11 annui e appartiene ad un nucleo familiare il cui reddito complessivo è inferiore a € 9.296,22, ha diritto all’assicurazione gratuita che si ottiene con una semplice autocertificazione. Il relativo modulo è disponibile presso le Sedi dell’INAIL, delle Assicurazioni delle Casalinghe e dei Patronati e anche sul sito www.inail.it.

In caso di mancato o ritardato pagamento del premio, l’Istituto richiederà una sanzione graduata in relazione al periodo di ritardo. La misura massima della sanzione è pari all’importo del premio (€ 12,91).

L’assicurato ha diritto ad una rendita mensile esentasse corrisposta per tutta la vita, proporzionale all’invalidità subita.

Per ulteriori informazioni si può consultare questo link o telefonare al numero verde 803164 o recarsi presso le Sedi INAIL, delle Associazioni delle Casalinghe e dei Patronati.



martedì 7 agosto 2012

Giustizia per sei precari del Comune di Pisa


Il Tribunale ha condannato il Comune di Pisa al rimborso di altre centomila euro a sei precari che - dal 2000 al 2008 - hanno lavorato all’interno dell’amministrazione comunale con contratti co.co.co. o contratti fiduciari.

I sei lavoratori, che non avevano potuto partecipare alla procedura di stabilizzazione del 2007 - in quanto, secondo il Comune di Pisa, assunti su chiamata nominativa da parte del gruppo politico per cui avrebbero svolto mansioni di assistenza consiliare - hanno dimostrato che in realtà svolgevano compiti di informazione, comunicazione e supporto all’attività istituzionale del Consiglio Comunale e dei consiglieri che non prevedono un rapporto fiduciario. In sostanza, è stato rilevato che i sei co.co.co. si comportassero obbedendo ai doveri ed ai diritti espressi da un contratto di lavoro subordinato. E, dunque, lo scarto tra le due tipologie di contratto verrà versata dal Comune di Pisa in forma di risarcimento.

Uno spettro si aggira per la pubblica amministrazione, lo spettro dei co.co.co.

domenica 24 giugno 2012

Disoccupazione ordinaria con requisiti ridotti


Questo tipo di indennità spetta a coloro che, durante l’anno solare, abbiano patito uno o più momenti di disoccupazione. I requisiti essenziali per accedervi sono: aver lavorato almeno 78 giorni nell’anno, oltre ad un contributo utile versato prima del biennio precedente la domanda. Per il raggiungimento di tale periodo sono incluse anche le assenze dovute a malattia e maternità, non quelle imputabili a scelte del lavoratore dipendente come scioperi o congedi non retribuiti.

Che cosa spetta? Spetta un’indennità giornaliera per un numero di giornate generalmente pari a quelle di effettivo lavoro svolto nell’anno solare precedente a quello in cui si fa la domanda, fino ad un massimo di 180, comprese quelle eventualmente indennizzate con requisiti normali. La somma delle giornate retribuite e quelle di assunzione non può superare le 360. Per il periodo indennizzato spettano anche gli assegni al nucleo familiare. L’ indennità sarà pari al 35% della retribuzione di riferimento per i primi 120 giorni ed al 40% per i successivi 60.

La retribuzione di riferimento si ottiene dividendo l’importo complessivo delle retribuzioni percepite nell’anno di riferimento per il numero delle giornate effettivamente lavorate.
Si può presentare la domanda all’Inps rivolgendosi ai patronati, attraverso raccomandata o – da Gennaio 2012 – online.

Per saperne di più: LINK


Francesco C.

 
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